La misteriosa Ferrara si tinge di giallo il BLOG di Daniele Meschiari.
CAPITOLO SETTE
La Trappola
Ore 08:45 martedì 27 maggio 2014
Entrai in ufficio quasi di soppiatto, mi diressi verso la mia scrivania, senza salutare, come non avevo mai fatto. Accesi il portatile e cominciai a battere sui tasti, senza dire una sola parola. Avevo deciso di fingere una completa trasformazione personale, disinteressandosi completamente di tutto e di tutti, atta a stimolare, in chi mi osservava, una morbosa curiosità su cosa mi stesse succedendo. Infatti, di lì a poco, la prima vittima sacrificale si palesò, preoccupata. «Si sente bene, dottore, qualcosa non va?» Chiese Alessia. «No, tutto bene, stia tranquilla. Sono solo mentalmente impegnato per delle importanti novità, emerse ieri alle “Corti”. Sto scrivendo adesso il rapporto della giornata trascorsa a indagare con Lombardi, che poi le farò avere.» Non potevo fidarmi di nessuno, nemmeno delle persone a me più vicine. Far uscire dalla tana il delatore della Congrega era lo scopo principale di questa farsa, non premeditata. Consegnai il mio falso rapporto alla Marini, raccomandandole di farlo avere al Questore prima possibile. Le feci notare come avessi indicato il manoscritto come fondamentale per le indagini e che, il medesimo, si trovasse in mani sicure, al momento!
Ore 11:50 martedì 27 maggio 2014
La musica dei Queen, dal mio cellulare, ruppe improvvisamente il silenzio dell’ufficio dell’Anticrimine. Estrassi lo smartphone dalla tasca, con molta calma, lasciando che il suono del sax ripetesse le sue note ancora una volta. Risposi, volutamente a voce alta, come da accordi precedenti con il professore. «Lombardi, buongiorno, qualche nuovo indizio dalla lettura del manoscritto?» Alessia mi guardò molto sorpresa. Le appariva sicuramente strano che la telefonata fosse arrivata a me direttamente e non compiendo il normale iter abituale dell’ufficio: buongiorno le passo il dottore eccetera eccetera. «A parte questa farsa, che abbiamo messo in piedi e di cui sono, mio malgrado, tuo complice al cento per cento, volevo informarti di due cose. La prima è che, come avrai già notato, da adesso, fino alla fine di questa storia, se non ti dispiace, ti darò del tu!» Propose molto convinto, Samuele. «La seconda è decisamente più importante, perché ho trovato una lettera di Pietro d’Abano, filosofo, medico e astrologo italiano, insegnante di medicina, filosofia e astrologia all’Università di Parigi e grande amico di Marco Polo, che nel 1306 ricevette la cattedra dell’università di Padova. «Il nostro famoso luminare padovano, in questa lettera, indirizzata ad Arnaldo da Villanova, anch’esso medico, teologo e interessato all’astrologia, si dice turbato dalla lettura di un manoscritto che l’Alighieri gli avrebbe lasciato, per aver conoscenza, conforto e soluzioni.» «Bene, bravo prof!» Esclamai. La Marini trasalì al mio inaspettato grido di entusiasmo e pronunciò un preoccupato: «Dottore, cosa succede?» «Nulla, sono contento di come procedono le indagini, non si preoccupi!» «Non ti emozionare troppo, quando ti dirò che, forse, ho trovato anche una buona pista per il nascondiglio delle Appendici. Un amico mio, esperto come me di storia medioevale e rinascimentale, molto appassionato di Nostradamus, sostiene che, a seguito di alcune sue ricerche sulla sua vita e i suoi viaggi, ha soggiornato nella zona di Torino.
«Questo indizio non sarebbe così utile se non fosse per una lapide 50x40, che sembra fosse stata collocata sopra la porta in una villa, nella zona di Cascina Morozzo. Quella questa lastra di marmo recava incisa una dicitura di Nostradamus che riportava in lingua francese la conferma del suo alloggiarvi e dell’essere dove è il paradiso, l’inferno e il purgatorio. «L’analogia con il manoscritto di Dante, in possesso del profeta, balza subito agli occhi. La brutta notizia è che di questo marmo non vi è più notizia e la villa stessa si è trasformata, nel tempo, in mille altre costruzioni. Non mi meraviglierei se, dopo il 1556, anno in cui sembra venne incisa e posizionata la lapide, qualcuno della Congrega sia andato in quel luogo e abbia recuperato le Appendici. «Comunque, dobbiamo vederci presto, a quattrocchi. Ho parecchie cose da raccontarti. Le ricerche e l’Università mi porteranno via parecchio tempo, ma troverò il modo per incontrarci. Siamo sulla strada giusta e non dobbiamo perdere altro tempo,» disse convinto, concludendo il discorso. «Capisco, capisco perfettamente,» risposi, confermando il racconto e le osservazioni del Lombardi. «Dimmi tu quando e dove.» «Dunque, oggi è martedì... direi che giovedì 29, nel pomeriggio, è perfetto, poi ci mandiamo un messaggio per l’ora e il posto.» «Ok, ciao, a presto, Samuele.» «Quanta confidenza con il professor Lombardi, dottore, se mi concede l’osservazione,» disse sorridendo Alessia. «Sì, è vero, siamo entrati in sintonia e abbiamo deciso di cominciare a darci del tu, è più semplice, più immediato.» «Va bene, Alessia, adesso vado a casa, è quasi l’una e sento lo stomaco brontolare dalla fame, a domani, buona giornata.» Impugnai di nuovo il cellulare, ancora caldo dalla telefonata precedente e toccai con l’indice l’icona casa. Dopo qualche secondo, la voce di mia moglie chiese chi parlasse. «Tesoro, mi vuoi a casa a mangiare o devo andare al ristorante?» Lo dissi sperando in una risposta affermativa. «Qualcosa per te, ma poco, molto poco, è rimasto. La prossima volta, dimmelo prima che torni a casa, per favore!» Emma sembrava un po’ seccata. «Scusami, fra venti minuti sono a tavola, ciao.»
Casa Ferrari
Ore 13:40 martedì 27 maggio 2014
«Con te non c’è mai orario, vero Ferrari?» Esordì Emma, mentre stavo infilando in bocca la forchetta, con il primo boccone della poca minestra, appena riscaldata. Lo disse accentuando e scandendo le lettere del mio cognome. Era un pericoloso segnale d’insofferenza, tipico di mia moglie e forse, anche, di altre donne. «Se io potessi decidere i miei orari di lavoro, avresti ragione di indispettirti, ma purtroppo, come ben sa, gli inconvenienti e i conseguenti ritardi sulla tabella di marcia non dipendono da me. Questa professione, che mi sono scelto, è molto complessa. Le situazioni che si possono verificare sono spesso strane e imprevedibili.» «Lo so, conosco bene il tuo lavoro e hai ragione quando lo definisci imprevedibile. È sempre molto difficile, per una donna, accettare questa sregolata routine, questi orari senza senso, confondere spesso la notte per il giorno, un giorno di festa che si trasforma in un giorno da lavoro, mai il contrario, per favore!» Capii che era veramente arrabbiata e stanca, frustrata di non potere programmare mai la nostra vita famigliare. «Va bene, ho capito, dai, siediti un po’ a tavola con me, parliamo un po’, ti prego.» Ero molto rammaricato e consapevole delle sue ragioni. Capivo perfettamente il suo sfogo. Avrei voluto dirle che non sarebbe successo più, che sarei rincasato sempre alla stessa ora e che finalmente la domenica sarebbe stata una giornata tutta per noi, dalla mattina alla sera. Ma purtroppo sarebbero state solo bugie, dette per rasserenare l’ambiente e per guadagnare tempo. La realtà era profondamente diversa dal mio sogno a occhi aperti. La realtà era quella dipinta da lei poco prima e non si poteva cambiare, solo accettare e ingoiarla, facendo finta di niente, cercando di andare avanti, così senza pensarci. Iniziai a parlare, lentamente, con calma, cercando di tranquillizzarla. «Il caso Camponeschi, ecco il problema attuale per me e, indirettamente, anche per te. Stai vivendo le mie stesse ansie e respirando le mie stesse paure e di conseguenza lo stress attanaglia pure te, inevitabilmente. «Quest’indagine sta percorrendo strade inaspettate e pericolose. Ho preso, ultimamente, decisioni insolite per il mio carattere e per il modo abituale con cui cerco di risolvere i miei casi. Ho saltato tutti i consueti protocolli e mi sono spinto a studiare un piano alternativo alla normale procedura standard. Cosa mi costerà tutto questo? A cosa mi porterà? Non so, ma dovevo farlo, dovevo provocare una forte reazione per arrivare a sapere il vero scopo di questi assassini. «Se il mio piano avrà successo, forse, scopriremo il mistero che si cela dietro questi omicidi. Se fallirà, penso che la mia carriera subirà un irreparabile e definitivo stop.» Le presi la mano e cercai, sforzandomi, di apparire sereno, cercando di dare al mio viso un’espressione sorridente e rassicurante. Lei mi guardò, preoccupata, e mi chiese: «Sei proprio sicuro che ne valga la pena? Stai mettendo in gioco il tuo lavoro e, spero di sbagliarmi, anche la tua vita, che potrebbe essere in grave pericolo, a questo punto!» «Non sbaglia, in effetti c’è del vero in quello che hai detto. Ma devo rischiare! Non se ne verrà mai fuori, altrimenti. Questa mia trappola dovrà scattare, per forza!» L’ho detta, accidenti, l’ho detta, pensai tra me e me. La parola che mi ero ripromesso di non usare mai, con nessuno, neanche con mia moglie, mi era sfuggita. Non avrei dovuto, mi sarei mangiato la lingua, ma ora era troppo tardi per farlo. Gli accordi con Lombardi erano stati chiari. Solamente io e lui dovevamo sapere del piano. Certo di Emma mi fidavo ciecamente, ma non erano i patti. Adesso avrei dovuto, sicuramente, cercare di barcamenarmi in una tempesta di domande, sulla parola «trappola.» Infatti, immediatamente, come previsto, arrivò quella fatale: «Trappola, che trappola, di cosa stai parlando?» «Mi riferivo a un piano strategico elaborato a suo tempo da me e Samuele. Adesso non ti voglio annoiare mettendoti al corrente delle dinamiche di questo accordo tra noi due. Devi solo sapere che è molto importante che nessun altro ne venga a conoscenza!» «Hai trovato il modo per mettere in pericolo anche la vita del professore?» Era molto incuriosita e preoccupata. «Un po’ di adrenalina non gli farà così male. Ha una vita molto noiosa, non gli sembrerà vero di essere protagonista, in una vera indagine di polizia. Per il resto stai tranquilla, non rischierà più di tanto, non è contemplato nei nostri accordi che metta a rischio la sua incolumità e poi non è nelle sue corde farlo.» «Ok, se lo dici tu, andrà tutto bene!» Concluse, dandomi piena fiducia.
Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)
Ore 10:35 mercoledì 28 maggio 2014
«Dottore, il signor Questore per lei, linea 4, glielo passo,» si palesò Alessia. «Pronto, dottore Della Casa, buongiorno, sono Ferrari, dica pure.» «Buongiorno a lei, la chiamo per una questione puramente burocratica.» «Dica, dottore, mi esponga pure il problema.» «Ho ricevuto alcune lamentele dal vicequestore aggiunto, la dottoressa Serena Agostani. «Le viene imputato, caro Ferrari, di non aver seguito l’iter abituale. Avrebbe dovuto consegnare, al laboratorio della scientifica, le prove in suo possesso, riguardanti il caso Camponeschi/Augeri. In particolare, si parla della mancata consegna di un manoscritto che lei avrebbe trovato in un loculo segreto, al Castello di Ferrara, in una delle sale della zona delle “Corti”. Sono in errore?» «Assolutamente, quello che la Agostani asserisce è vero. Lo scritto antico di cui parla Serena è in mio possesso, o meglio, è nelle mani di esperti, che ne stanno analizzandone il contenuto. L’indagine può trarre immenso beneficio da quello che potrebbe leggersi nel documento. «Ho ritenuto più importante, questa volta, la lettura e l’eventuale, se necessario, traduzione del testo, ai soliti esami scientifici. In questo caso specifico, le impronte o altro sono appartenute a personaggi ormai morti e sepolti da secoli. Chiedo scusa al laboratorio e anche a lei signor questore, per questa mia iniziativa personale, di cui mi assumo la completa responsabilità. «Una volta terminata questa fase di ricerca, da parte delle persone competenti, che stanno studiando il manoscritto in esame, sarà mia premura portare, alla sua personale conoscenza, un rapporto completo su questa parte dell’indagine.» Diedi una risposta professionale, con piglio sicuro e deciso. «Ne prendo atto,» rispose il questore. «Le auguro buona fortuna, ho la massima fiducia nel suo operato, come sempre del resto!» «Grazie, a risentirci, dottore.» Salutai e riposi la cornetta del telefono.
Casa Ferrari
Ore 12:40 mercoledì 28 maggio 2014
Ero arrivato a casa presto dall’ufficio. Emma, questa volta, non si era meravigliata della mia presenza all’ora di pranzo. Insieme aspettavamo Chiara, che doveva annunciare la sua scelta. Avevamo prospettato a nostra figlia diverse opzioni per il suo regalo di compleanno, il 31 di maggio. Non aveva più l’età per doni a sorpresa, racchiusi in pacchi colorati e nastrati. Trascorse le cinque ore di lezione, dalla scuola si sarebbe precipitata a casa, poi a tavola, affamata e desiderosa di dirci quale regalo volesse veramente! Nell’attesa, io e mia moglie avevamo fatto alcune previsioni e ognuno di noi scommetteva su quello che riteneva come il più probabile, ovviamente. Il suono del campanello interruppe la nostra disputa, andai ad aprire, sperando che mia figlia, vedendomi disponibile a un grande abbraccio, appena mi avesse visto, l’avesse fatto. Era una falsa illusione, di un padre amorevole. Mi schivò come il centravanti fa con il portiere, quando deve segnare un gol. Si diresse verso il tavolo apparecchiato, gettò lo zaino sul divano, si sedette; quindi, impugnò le posate e guardando il piatto ancora vuoto ed esclamò: «Fame, molta fame.» Questa semplice gestualità mi ricordò di lei, quando era bambina. Anche allora, tornando da scuola, faceva gli stessi gesti e diceva le stesse parole. Anche Emma rispondeva sempre allo stesso modo, oggi come allora. Queste sono le immagini che non puoi mai dimenticare. Queste sono le piccole storie che rimangono nella tua mente e che non devi mai cancellare dalla tua vita. «Pronto, subito in tavola, tesoro mio,» rispose prontamente Emma. «Stai scherzando, mamma, non sono più la piccola Chiara, fra tre giorni sarò maggiorenne,» l’apostrofò nostra figlia, risentita. «Proprio per questo motivo, venerdì pomeriggio partirò e andrò per due giorni con Anna e Laura in una splendida spa sui Colli Euganei. Ecco il mio regalo di compleanno, ho deciso, finalmente.» Guardai con gli occhi spiritati mia moglie e poi Chiara. «Cosa stai dicendo? Dove vai con Anna e Laura?» «Tranquillo, stai sereno papà. Nessuna auto, nessun autista che la guidi, nessun pericolo per noi ragazze. Mi sono informata per tempo e ti comunico che esiste una linea diretta con il centro benessere. Parte una navetta, venerdì 30 maggio alle 15:30 da Ferrara che ti porta fino a là. Sabato e domenica ci divertiremo un mondo. Piscina, massaggi, la musica, tennis, golf e minigolf, tutto insomma,» continuò, senza lasciarci il tempo di interromperla. «Peccato che siano solo due giorni, più una sera, quella del viaggio. Vi costerà solo 360 euro, tutto compreso. Molto meno di altre soluzioni prospettate dalla mamma e da te. È già tutto organizzato. Il ritorno è previsto per domenica sera. Alle ore 21:15 arriviamo a Ferrara. Mi verrete a prendere lì, alla stazione delle corriere. «Ah, dimenticavo, so che per te è importante saperlo: dormiamo tutte e tre nella stessa stanza, oltretutto, Anna e Laura hanno 18 anni e ci sono già andate l’anno scorso. Il posto è bello e sicuro.» In quel preciso momento si alzò dal tavolo, si avvicinò furtiva, prese posizione alle mie spalle e abbracciandomi da dietro cominciò a blandirmi, come solo lei sa fare. «Grazie, papà e mamma, è quello che desideravo per il mio compleanno,» concluse, chiudendo a qualsiasi replica da parte nostra, con un irresistibile e ruffiano bacio sulla mia guancia. Fregato, come sempre, avevo perso ancora. La ragazzina aveva già capito, da tempo, come farci capitolare su quello che le interessava ottenere. Iniziai a pranzare, non dissi una parola in più sulla sua furba proposta. Discutere ancora il progetto di mia figlia, avrebbe portato malumore e l’idea di essere considerato un padre troppo assillante non mi rendeva certo felice. Emma, intanto, continuava a portare cibo, a non parlare e a guardarmi insistentemente, come se volesse spingermi a trattare con Chiara sulla durata del viaggio. Due notti, senza di lei, per mia moglie erano troppe. Non era mai successo, nemmeno per una sola. Io ero inquieto, come lei, di saperla fuori casa, ma in fondo in fondo speravo che la sua indubbia acquisita maturità, già dimostrata in altre occasioni, sarebbe stata di aiuto per evitare pericoli, a cui si va inevitabilmente incontro alla sua età. In fondo non mi dispiaceva che lasciasse la città per un po’ di giorni, sperando che, nel frattempo, si risolvesse il quesito su chi fosse la talpa. «Oggi pomeriggio, se non ti turba la cosa, prenderò alcune informazioni su questo centro benessere. Se le recensioni saranno buone come tu affermi, allora puoi andare. Io e tua madre soffriremo la tua assenza notturna, ma ce la faremo e venerdì 30, con tanti auguri da mamma e papà, quella spa sarà il nostro regalo per i tuoi meravigliosi 18 anni, amore.» Chiara ci ringraziò, mandando ripetuti baci, soffiando sul palmo della mano, poi continuammo tutti a pranzare, molto felici. Tutto sembrava andare per il meglio. Sembrava una meravigliosa foto di famiglia, come quella nei film commedia, a lieto fine. Dentro di me, però, covava un’angoscia, un forte presentimento di sciagura, come se qualcosa di terribile stesse per accadere.
Ufficio Squadra Anticrimine (Fe)
Ore 15:35 mercoledì 28 maggio 2014
La suoneria del mio cellulare riprodusse il mio motivo preferito, almeno un paio di volte, prima che guardassi lo schermo, accorgendomi che si trattava del numero del mio amico professore. «Samuele, buongiorno, qual buon vento?» «Un maledetto vento di tempesta, caro Ferrari! Sono tornato ora dall’università e ho trovato il mio appartamento sottosopra. Fortuna vuole che non fossi presente e viva da solo. Guardando come mi hanno ridotto il mobilio e il resto avrei dovuto, sicuramente, riparare anche me stesso! Hanno devastato completamente la casa dove vivo qui a Padova, in un modo brutale, in un modo che non riesco nemmeno a spiegarti. Praticamente dovrò ricomprare tutti i mobili. Molti erano antichi e quindi il danno è enorme. Stiamo giocando con il fuoco, amico mio. Evidentemente cercavano quello che sappiamo e questo significa che la trappola è scattata e la talpa, all’interno della polizia, è a conoscenza di qualsiasi nostro movimento e di ogni cosa si dica o si scriva!» Mi alzai di scatto dalla poltrona, chiedendo al professore di attendere un attimo, per darmi tempo di uscire dall’ufficio. Volevo evitare che Alessia ascoltasse la mia risposta. Il mio comportamento la sorprese, ancora una volta, in modo negativo, lo comunicò lanciandomi un’occhiata molto sospettosa, mentre mi allontanavo con il cellulare in mano. Appena fu possibile, lontano da orecchie indiscrete, risposi al professore con un tono di voce decisamente preoccupato. «Terribile, è terribile Samuele, certo non pensavo di metterti in pericolo o in mezzo a una situazione così critica. Quello che è successo inizia veramente a farmi paura. Adesso sono in pensiero per te, la tua e la mia famiglia. Questi delinquenti fanatici, privi di qualsiasi umanità, potrebbero veramente fare di tutto.» Era meglio prepararsi al peggio. Decisi, immediatamente, di coordinare una sorveglianza h24 sul Lombardi e sull’anziana madre che viveva da sola in un appartamento, sempre a Padova, assistita da una badante di origine polacca. «L’unica nota positiva, caro prof, è che, fortunatamente, possiamo cominciare a stringere il cerchio dei sospetti. Le persone, che potevano credere che il manoscritto fosse in nostro possesso, possono contare sulle dita di una mano. Dovrebbe essere più facile, a questo punto, stabilire chi eventualmente possa averlo fatto sapere alla Congrega. Dobbiamo anticipare il nostro appuntamento a questa sera davanti al Duomo di Ferrara, verso le 19:00, mangeremo qualcosa e poi ti accompagnerò all’albergo per la notte. Alloggerai qui in città per qualche giorno, almeno fino a quando non avremo scoperto la talpa. Avverti tua madre dell’agente di polizia che le manderò, subito dopo la nostra telefonata. Non dire a nessuno dove ti trovi e chiama un’impresa per pulire e sgombrare il tuo appartamento. Fatti fare una fattura dei lavori, vedrò di farti rimborsare, almeno in parte, dei danni subiti.»
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